mercoledì 16 maggio 2018

LETTERA A PEPPINO


A tutti quelli che sperano per davvero…
LETTERA A PEPPINO
Di Tea salis
Caro Peppino
Ti scrivo dalla Serra dei venti, 
paese di campagna,  tra oceani  di grano e campi coltivati.
Qui il mare non s’infrange nelle coste, ma si sente il suono, in reverberi, trasportato dal soffio del cielo.
Ti scrivo di notte, sono le ventitré e trenta circa del nove Maggio 2018.
Oggi parlavano molto di te sai? Oltre che di Moro.
Ed io guardavo e osservavo tutte le manifestazioni in tuo onore
La tua parola, la tua radio …
Vivono ancora, in coscienze che non sbiadiscono, e armano di buon senso,
sul vilipendio di una società dove sogghigna ancora la mafia…
Vivono,  le tue parole, ma vive ancora lei, spocchiosa.
Si perché cosa è la mafia?
Questa è la domanda che avrei voluto porti, perché io ancora non l’ho capito.
Avevo tredici anni quando portai per l’esame di terza media il mio tema sulla mafia,
tessuto d’informazioni prese dai libri, ma in fin dei conti,
cosa ne poteva sapere una bambina di tredici anni della mafia?
Ma tu che l’hai vissuta, la respiravi in casa e più di altri la contrastavi, mi avresti saputo dare una risposta.
Mi avresti spiegato perché la mafia “piace”, con giochi omertosi, inasprimento d’animo, recrudescenza mentale, e grovigli d’indifferenza.
L’indifferenza, siamo sempre li, Gramsci lo sapeva bene.
Vorrei poterti dire che il mondo sta cambiando in meglio, ma in realtà gli uomini continuano ad ammazzarsi a vicenda, sempre di più e con metodi peggiori, su un pubblico soggetto a vessazioni d’obbligo.
Sono sempre meno le persone come te…
Io percepisco la tua speranza,
la sento attraverso una sola cosa che ci accomuna.
L’arte
È forse la tua storia d’artista che m’appartiene?!
Ovvio non m’appartiene
Ma è una storia che riflette uno stato d’animo, un’emozione propria degli artisti, non te lo so spiegare,
una particolare sensibilità, uno sguardo  “soprasensibile “all’aldilà del mondo, all’aldiquà” del mondo come direbbe il caro amico Marc.
Non ho conosciuto te, ma ho sentito la tua storia direttamente dalle parole di tuo fratello Giovanni, nel suo passaggio in Sardegna a raccontarti.
Giovanni parla di te come ARTISTA,
l’essere artista la tua grande forza, come una matrice costante che nessuno ti poteva togliere, una seconda anima.
Riuscivi ad afferrare la realtà e a trovare una soluzione.
L’arte veicolava il tuo pensiero, un’estensione di te, esprimeva rabbia, amore, informava, raccontava e mai tradiva, lasciando pulviscoli dinoccolati nell’aria, di verità che arrivavano direttamente al cuore.
Ed è proprio questo che secondo me gli ha fatti incazzare, strappandoti al mondo così brutalmente.
Ma non sono riusciti a strappare la tue parole, a farle scoppiare in mille pezzi
No, non ci sono riusciti,
anzi ti sei fortificato e se la tua parola ancora stride e fa digrignare i denti vuol dire che c’è ancora bisogno di te, della tua arte, del tuo sorriso, della tua speranza, della tua bellezza.
Perché questa terra è bella, l’umanità è bella e non c’è bellezza più grande della loro condivisione
Affinché non ci sia più una “babele “di corruzione da erigere
Ma solo bellezza.
Io sento la tua stessa speranza…






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